Diffondere o non diffondere, questo è il problema! Qualcuno, rigorosamente con la Q maiuscola, avrebbe risposto così.
Non userei, per mio personale gusto, il termine diffondere.
Mi piacerebbe invece parlare di condivisione, perché la diffusione prevede uno stato passivo da parte di chi riceve, mentre la condivisione permette che tutti siano, in qualche modo, parte attiva del processo.
Questo è la base di una buona cultura psicologica.
Inoltre, per me il problema non si pone.
Condividere non è mai un problema, ma un obiettivo.
Che può essere anche sfidante, è vero, ma rimane una meta da raggiungere.
Per condividere una buona cultura psicologica, prima di tutto bisogna partire da noi stessi.
Noi sappiamo che cos’è una buona cultura psicologica?
Voglio soffermarmi quindi sul termine cultura.
La parola cultura deriva dal verbo latino “colere”, che significa coltivare.
E se ci pensiamo, coltivare è un atto umano estremamente culturale, che ci riporta subito alle antiche conoscenze dei nostri nonni.
In questo senso, sono almeno 3 gli aspetti che dovremmo tenere in considerazione quando pensiamo alla cultura psicologica:
- la CURA, quell’attenzione amorevole e costante verso i “frutti del nostro raccolto”;
- la MANO DELL’UOMO, che crea egli stesso la cultura nella quale vive;
- delle BUONE MATERIE PRIME, le nostre conoscenze, che non devono fermarsi alla superficie, ma andare in profondità e scoprire i reali bisogni delle persone.
Riassumendo, per condividere una buona cultura psicologica è necessario coinvolgere le persone, ci vogliono cura, costanza e dedizione e ci vuole una materia prima buona, che possa essere piantata in profondità dalla nostra mano, perché possa un giorno germogliare vigorosa.
Alla prossima settimana con un’altra Domanda nella Rete!
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